HANSON: I ragazzi crescono bene. Recensione Concerto Live Milano

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HANSON
MIDDLE OF EVERYWHERE 25th ANNIVERSARY WORLD TOUR
07 Giugno 17
Fabrique
Milano

Voto: 8,5
di Luca Trambusti

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Tre ex adolescenti

Qualcuno ricorderà quando nel ’97 i tre adolescenti fratelli Hanson (classe ’80, 83, 85) giunsero al successo planetario con la hit “Mmmbop”, singolo estratto dall’album Middle of Nowhere. I tre ragazzini di Tulsa (Oklahoma), belli, smart, conquistarono un posto di rilievo nel cuore di adolescenti ormonalmente agitati. Da lì seguirono altri successi ma poi con la crescita rapida di pubblico e artisti e l’effimero del “teen rock”, il successo, quello vero sfumò anche rapidamente.

Che però nei tre ci fosse anche altro era facilmente intuibile. La loro non era una “plastic music” ma un pop robusto segnato anche dai precedenti della band che nacque nel ’92 cimentandosi con il rock’n’roll, il soul e i classici del rock.

Si cambia e si cresce

Nella vita si cambia, si cresce sia come uomini che come artisti e così gli Handson, superato (anche abbastanza indenni) il periodo del fulgore continuano la loro carriera in maniera più defilata ma percorrendo sempre quel filone del pop rock diventato ora (anche solo per ragioni vocali e fisiche) più adulto.

Oggi a 25 anni di distanza dalla loro nascita (artistica) (da qui il nome del tour che mischia fondazione e titolo del primo disco di successo) i tre fratelli sono in giro per il mondo a proporre un successo con i loro successi, qualche brano più recente ed una manciata di cover. Ed è un concerto di grande qualità.

La scaletta
Pop rock e ballate

I tre (tastiere, chitarra e batteria), accompagnati da un bassista ed un altro tastierista/chitarrista, si muovono nel solco del pop rock o meglio del rock pop. Nell’ora e mezza circa di concerto scorre una musica fresca, semplice ma tratti potenti. L’inizio è energico, la band suona forte e la chitarra è la protagonista. Quello della sei corde è un suono pulito un po’ di “maniera” ma ben presente e colonna portante della loro musica. Bisogna aspettare venti minuti abbondanti prima dell’arrivo delle ballate più delicate.

In questa parte dello spettacolo, al cui cuore si arriva gradatamente, Ike, Zac e Tay si muovono tra ballate lente, momenti mid tempo, siparietti acustici, a cappella o con i tre fronte palco armati solo di percussioni, chitarra acustica e voci. Tutti e tre si alternano al canto, s’intrecciano, fanno cori e vocalizzi, anche se il vocalist principale è il tastierista Tay (che si alterna tra piano e synth). Ad un certo punto Zac e Tay si scambiano i ruoli con il secondo dietro la batteria. Anche in questa parte centrale, più intima, rilassata e tipicamente pop, non si arriva mai allo stucchevole. E’ una proposta adulta, di un gruppo che sa ottimamente tenere la scena (e sono queste le occasioni in cui si dimostra la tenuta del palco) capace di variazioni di stile sul filone intrapreso in quei frangenti.

Sino al rock

Terminata la parte centrale il concerto riprende quota e torna, ancora più potente, sui territori del rock. I tre suonano forte, semplice ma essenziale, niente virtuosismi ma grande sostanza (lo stesso anche per la scena, il palco. Tutto molto diretto, così da lasciare esclusivamente spazio alla musica). Ad una versione funkeggiante e coinvolgente di “Get The Girl Back” segue l’angolo cover dove in successione vengono eseguite “I’m a Man”, “Gimme Some Loving” (entrambe dello Spencer Davis Group/Steve Winwood) e “Long Train Running” (Doobie Brothers). Da qui al finale, bis inclusi (vedi scaletta), il concerto è veramente (ed ancor più) convincente, coinvolgente, potente ed emozionante; una lunga cavalcata a briglia sciolta nei territori del miglior pop rock che il pubblico accompagna con grande calore e passione..

Si conclude con i bis dedicati al rock’n’roll (con tanto di bandiera italiana sul palco) con una versione a cappella di “Rockin Robin” (Bobby Day) a cui segue una trascinante “Johnny B. Good” (Chuck Berry) ballata da tutta la platea divertita.

Hanson: una piacevole sorpresa

In conclusione gli Hanson hanno dimostrato di avere molta personalità, di non essere rimasti abbagliati e d intrappolati nel successo adolescenziale ma di aver saputo progredire, pur legati a quelli che sono le loro hit. A distanza di anni qui brani li ripropongono con grande freschezza ed energia presentando una musica coinvolgente e ben proposta. E’ l’ennesima dimostrazione che il pop può essere una musica vincente se suonata con professionalità ed ampie capacità interpretative (più che tecniche).

Una sorpresa non tanto inaspettata ma veramente piacevole.

Infine due note per il contesto. Il concerto è arrivato a pochi giorni dai fatti di Manchester e di Torino; pur con le dovute proporzioni l’accesso al club era presidiato da poliziotti armati e veniva scaglionato. Tutti erano controllati con il metal detector. Il pubblico non era numerosissimo, il locale era nella configurazione da capienza ridotta. Tra i presenti si notava una consistente presenza di anglofoni, probabilmente pubblico americano che ha maggiormente seguito il percorso di questi tre ragazzi. Molti (sopratutto tra il pubblico femminile) erano anche gli “adolescenti di ritorno” ovvero coloro che avevano amato nel 97 la loro “Mmmbop “ la hit mondiale che li ha portati al successo e che ora tornavano a qui tempi.

HANSON Recensione live Milano


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