SFERA EBBASTA: tutto esagerato e forzato per il re della Trap. Recensione concerto live Milano

Condividi

SFERA EBBASTA
Rockstar Tour
28 aprile 2018
Fabrique
Milano

Voto: 5
di Luca Trambusti

Foto gentile concessione di Francesco Prandoni

Da qualche tempo, dopo una cammino di alcuni anni, Sfera Ebbasta è diventato il “King della Trap italiana” e contemporaneamente un idolo generazionale, vivendo anche il consenso questo genere musicale ha sempre più incontrato nella fascia adolescenziale. Così la trap (“da trap house, appartamenti abbandonati – solitamente nei sobborghi di Atlanta – dove gli spacciatori americani preparano e spacciano sostanze stupefacenti” da Wikipedia) e di conseguenza Sfera hanno potuto mettersi in luce diventando una sorta di portavoce, di rappresentati ed idolo della giovane generazione (in realtà ogni musica ha un suo riferimento generazionale). Tant’è che il suo seguito è cresciuto.

Così l’ultimo album “Rockstar”, grazie anche ad un consenso mediatico non indifferente, ha portato Sfera al successo ed il conseguente tour sta riscontrando grande seguito come ha dimostrato l’occasione milanese che si è trasformata in un triplo appuntamento con doppio sold out al Fabrique. Certo Milano ha per lui il “favore del campo” essendo il 25enne Gionata Boschetti (così all’anagrafe) di Cinisello Balsamo (Ciny), un paese dell’hinterland della città lombarda. Tuttavia la sua crescita è costante e lo porterà ad un’estate piena di festival tra cui il Lucca Summer Festival e Rock in Roma.

Sfera Ebbasta

Dunque di fronte ad uno scatenato pubblico adolescente, tardo adolescente e subito post adolescente (a cui si univano anche dei genitori sopratutto padri) Sfera ha fatto Sfera. In un’ora di concerto accompagnato da Charlie Charles, il suo storico e prezioso produttore ed autore delle basi, da un batterista ed un chitarrista/tastierista che almeno davano la parvenza di un “concerto” ha sintetizzato e presentato ciò che è e che rappresenta per il suo pubblico.

Nello spettacolo che Sfera porta in scena è tutto esagerato, sopra le righe, a tratti trash, un po’ finto, con il tipico culto della personalità, con la forzata ricerca dello “spettacolo” anche a scapito della sostanza; ovvero tutto esattamente nei canoni dello stile. Le basi sono martellanti, i colori sgargianti, il linguaggio forzatamente spinto con una scarsa ricchezza di vocabolario (raga, cazzo, casino, su le mani, ciao Milano: sono i termini più usati). Sicuramente la “varietà” non è la chiave di lettura del “concerto”. In realtà Sfera dimostra di aver meritato il successo perché sa muoversi in questi stilemi con estrema disinvoltura e grande abilità nel coinvolgimento del pubblico (ma sono bravi anche gli animatori dei villaggi turistici).

Sfera Ebbasta

Se musicalmente è tutto molto semplice, ripetitivo e sovrapponibile, anche dal punto di vista concettuale e testuale non è da meno: c’è il concetto di “rivincita”, il mito della Lamborghini come punto di arrivo, la voglia di emergere, di arrivare al “successo”. Però, più che mai, viene in mente il testo di “Musica Ribelle” di Finardi che nel 76 cantava “Qui da noi, in fondo, la musica non è male (e di questo possiamo parlarne nda) / quello che non reggo sono solo le parole/ Ma poi le ritrova ogni volta che va fuori “ (non più “dentro ai manifesti o scritte sopra i muri “ come diceva la canzone ma tra i discorsi dei ragazzi e della gente).

Tuttavia ancora una volta e più che mai (compatibilmente anche con l’età media del pubblico) l’importante è il rito collettivo, l’esserci (lo dicevano anche i venditori abusivi di bandane fuori dal club “compratevi la testimonianza che c’eravate”), il fare video, il cantare, l’alzare le mani o saltare a comando. E di “ordini” e proclami al fare casino Sfera Ebbasta non ne lesina di certo. E la risposta non tarda a venire ed è più volte richiesta per arrivare ad un livello di partecipazione elevato quanto stereotipato.

Sfera Ebbasta

In sostanza il “trapper” milanese centra l’obbiettivo, fa breccia nei cuori dei fan. Oggettivamente però c’è solo da ringraziare il fatto che lo show dura un’ora perché dopo 30 minuti già abbiamo visto ciò che c’era da vedere e capito ciò che c’era da capire. Musica generazionale per una giovane generazione cresciuta a ritmo della cultura Hip Hop, uno stile che ha subito una grande mutazione strutturale nel corso degli anni (lontanissima la Old School) e che è arrivata al cliché della trap.

Per veri appassionati… altrimenti astenersi perché proprio non “arriva”


Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *