NATURALMENTE PIANOFORTE: La bellezza ed ottantotto tasti diffusi sul territorio. Recensione
NATURALMENTE PIANOFORTE Report
18 – 22 Luglio 2018
Prato Vecchio, Stia e dintorni
Arezzo
Voto: 8,5
di Luca Trambusti
NATURALMENTE PIANOFORTE Report
Prendi il pianoforte e mettilo al centro di un festival. Prendi i suoni e le diverse sfaccettature dello strumento e nell’ambito del festival diffondilo sul territorio. Infine prendi qualche decina di pianoforti e riempi le piazze di due paesi: Prato Vecchio e Stia nel casentino, in provincia di Arezzo.
Pianoforte protagonista
Questi sono i concetti, le fondamenta di Naturalmente Pianoforte una cinque giorni in cui la musica ruota intorno agli 88 tasti del piano declinandone tutte le possibilità ma sopratutto creando molti eventi unici, specifici per questa occasione.
Il territorio
Prima di entrare nel particolare del fattore musicale (abbiamo seguito gli ultimi tre giorni della manifestazione) occorre spendere qualche parola sui luoghi che, al pari della musica e degli artisti, sono protagonisti. La rassegna si svolge prevalentemente sul territorio di due paesi Prato Vecchio e Stia, una volta comuni separati ora accentrati in un’unica amministrazione. La zona è quella del Casentino, con il suo parco – tra gli sponsor della manifestazione -, siamo nel sud ovest della Toscana ai confini con la parte sud dell’Emilia, divisi dall’Adriatico dalle montagne. L’ambiente è collinare e boscoso, a fondo valle siamo sui 400 metri, colline ben più selvagge rispetto al paesaggio classico toscano ma mai severe. Tra filari di cipressi si alzano numerosi poggi con molti borghi, semplici casali o imponenti castelli più o meno ben conservati. Questo scenario naturale fa, come vedremo, da sfondale e da protagonista in questa manifestazione.
Il racconto
Ne racconteremo qui i tre giorni finali, che hanno visto una grandissima affluenza di pubblico sorprendendo gli stessi organizzatori che non si aspettavano un tale riscontro mostrando così una buona e positiva crescita di un festival tutto sommato giovane. Ricordiamo che l’evento nella sua versione estesa è biennale (anni pari) ed è nato nel 2010 e quindi si è archiviata la quarta edizione.
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Venerdì pomeriggio
Uno degli eventi più interessanti del venerdì pomeriggio (20 luglio) è stato un concerto del maestro Carlo “Cialdo” Capelli, pianista compositore arrangiatore con una lunga carriera di sonorizzazioni in ambito teatrale. Un solo piano verticale, un discreto numero di ascoltatori ma sopratutto la magia del luogo: un cortile/giardino privato in Prato Vecchio che ha ospitato l’ora di musica tra limoni, mille alberi ed il sottofondo dei suoni della natura. Si inizia sin da subito a capire lo spirito della manifestazione che nei suoi eventi “diffusi” coniuga sempre la magia della musica con quella dei luoghi. Un connubio all’insegna della Bellezza. (Voto: 7,5)
Uri Cane
C’è tempo per una cena veloce in piazza prima di trasferirsi in un’altra location sempre nel centro di Prato Vecchio per l’evento clou della serata. Direttamente da New York poche ore prima era arrivato Uri Caine, il grande pianista, compositore e direttore artistico. Una veloce puntata in Italia (sarebbe ripartito il giorno successivo) espressamente fatta per la richiesta della direzione artistica del Festival. Un attestato di stima e fiducia verso la manifestazione da parte di uno dei giganti della musica contemporanea. Uri incanta la piazza, in una fresca serata, con il suo stile pianistico che si muove tra la classica, la contemporanea, la scorrevolezza del jazz, il rag time e la melodia, divertendosi anche sul finale con citazioni di grandi classici della classica risuonati a suo modo. E’ magia pura vedere le sue mani (s)correre sulla tastiera tirandone fuori suoni e sensazioni forti. Emozione vera per un concerto da ascoltare anche ad occhi chiusi (Voto: 8,5).
Venerdì notte
Il venerdì sera non è ancora finito pochi passi in discesa e si arriva all’ex Lanificio Berti a mezzanotte ci aspettano Cinaski, Raffaele Koler con la sua tromba e Mell Morcone al piano. La location post industriale è il posto perfetto per questa performance acustica, intima in cui il poeta Cinaski accompagnato dai musicisti si cimenta in letture di Bukowski poeta ed interpretazioni (non certo indimenticabili) di Tom Waits, due sue grandi passioni. Ma il contesto, il carisma di Cinaski, la malinconica e potente tromba ed il delicato piano creano un’atmosfera unica che riesce anche a fa dimenticare le non bellissime interpretazioni da cantante di Cinaski. (Voto: 6,5). Anche in questo caso il valore aggiunto è tutto emotivo. Colpisce il fatto che l’organizzazione aveva reso disponibili un numero di sedie limitato. Molto più pubblico di quanto si pensasse nella migliore delle ipotesi e così si sta in piedi, seduti per terra o condividendo una seggiola……
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IL MANIFESTO DELL’EDIZIONE 2018 DISEGNATO DA NINA ZILLI
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Sabato al tramonto al castello
Il sabato mattina è anch’esso pieno di eventi ma l’attesa è tutta per il tramonto. In una sorta di pellegrinaggio, i più in macchina, qualcuno in bici e pochi temerari a piedi, si sale al Castello di Romena su un poggio a pochi chilometri da Prato Vecchio con uno sguardo mozzafiato sulla valle e sulle colline del Casentino. Un’atmosfera magica, tra rovine, storia ed un dolce tramonto contribuisce a rendere grande la bellezza dell’esibizione di un consolidato trio: Peppe Servillo, Javier Girotto al sax e Natalio Mangalavite alle tastiere (pianoforte rigorosamente a coda ed una tastiera elettrica) che regalano una performance intensa ed anche divertente, intima e partecipata. Anche qui il pubblico è tantissimo, caloroso ed interessato (d’altronde qui non ci arrivi per caso o di passaggio, devi venirci, apposta). Più che il piano il protagonista in questa ora abbondante di spettacolo è la voce e la recitazione di Peppe Servillo, istrionico sa bene come conquistare il pubblico ma sa anche fare un passo indietro quando deve, lasciando così la scena ai musicisti. Tra musiche argentine e racconti la sera cala sul castello tra le ovazioni del pubblico. Siamo tutti pieni di tanta bellezza (Voto: 8,5)
Matthew Lee
Ma c’è da tornare in fretta a Prato Vecchio in piazza c’è ancora tanta musica. C’e un doppio appuntamento; il primo è con la giovane poliedrica cantautrice Kumi girovaga del mondo di origini giapponese ed ora stabile in Italia. Una curiosa performace che anticipa il “pezzo forte “ della serata: il ritorno al festival (unico che lo ha fatto) di Matthew Lee. Questo “ragazzo” di Pesaro è da parecchi anni sulla scena ma ora ci torna con un nuovo disco e molti stanno credendo in lui. Sulla strada degli studi classici al conservatorio di Pesaro è stato fulminato da rock’n’roll degli anni ‘50 e da allora, abbandonato il mondo accademico dove ha appreso una grande tecnica, ha deciso di dedicarsi a questo genere.
Funambolo ed intrattenitore Matthew conquista il pubblico con uno show scoppiettante, energico e divertente in cui mischia la passione per il R’n’R, il passato di classica ed un presente di pop music. Divertenti i suoi mix tra R’N’R e classica, le sue riletture in diversi stili (surf, reggae ed infine R’N’R) di un classico di Frank Sinatra, ruffiane, divertenti e strappapplausi le sue esibizioni ginniche suonando sotto o sopra il pianoforte ed infine appassionante il suo medley dei classici del R’N’R. Uno show divertente, adatto al sabato sera ma in cui ogni tanto l’esercizio di stile prende il sopravvento. Il meglio dell’esibizione è quando si sta sullo stile del classico R’n’R (voto: 6).
La notte è ancora giovane
La notte è giovane ed a mezzanotte finito Matthew Lee c’è da correre alla Tuxedo night un tributo alla band dei Tuxedomoon fatto da due dei musicisti originari: Steven Brown & Blaine L. Reininger. Spettacolo non proprio popolare in cui la suggestione, la storia e l’emozione comandano (Voto: 7)
Concerto anche all’alba
A questo punto c’è da decidere che fare per aspettare il prossimo appuntamento: o restare ad ascoltare Maurizo Marsico e la sua sperimentazione o andare a riposare qualche ora. Bisogna comunque poi trovarsi alla Pieve di Romena un posto incantato in mezzo ai boschi e bisogna farlo all’alba. Con un fresco pungente c’è il concerto di Remo Anzovino e ad ascoltare il suo magico pianoforte ci sono ben oltre 500 persone. Molti hanno dormito lì nelle tende. Il cielo schiarisce con qualche nuvole ed il sole è aiutato nella fatica del salire (a violentare altre notti come diceva De André) dalle dolci melodie del pianista e del suo strumento. E’ magia allo stato puro che impedisce anche agli occhi di chiudersi (ma volendo si può anche dormire cullati dalla musica) (Voto: 8,5)
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E’ arrivata la domenica (22 Luglio); la giornata ed il festival, tra piano ed Yoga ed esibizioni classiche, si chiuderanno con un “pezzo da novanta”, l’Appuntamento della rassegna, il più atteso: il concerto di Vinicio Capossela.
Vinicio Capossela
Il grande cantautore si esibirà, in uno spettacolo ad hoc per il festival, voce e pianoforte. E’ solo la seconda volta che sale sul palco in questo modo in 28 anni di carriera. E’ un evento unico dunque un’occasione che in tanti hanno saputo e voluto cogliere. La piazza è strapiena e già dal tardo pomeriggio c’erano le code per accedere alla location. Tante sedie ma anche tanto pubblico in piedi, fino al fianco del palco. E’ quello che si può dire un successo.
Capossela presenta un repertorio di grande classe. Parte, dopo un’introduzione tra il serio ed il faceto sul pianoforte, con “Il Paradiso dei calzini” ed esplora il suo repertorio più “antico” con un classico come “All’1,35 circa” e “Modì”. Sono le origini, la versione primigenia di questi brani. Ed il pubblico capisce benissimo ciò che sta succedendo, l’esclusività e la grandezza di questo momento. Poi Vinicio prosegue con un’intensa “Estate” di Bruno Martino per continuare avventurandosi su citazioni tra letteratura e musica di Michelangelo, Dante (ripropone una versione musicale del 36° cantico dell’inferno, il famoso “fatti non foste…..”), Celine e l’Odissea. Qui si vola alti, la performance conquista il pubblico che ascolta in estremo silenzio, rapito le storie in parole e musica raccontate da Vinicio che ripesca anche una sua fiaba con i pianoforti protagonisti contenuta in uno spettacolo radiofonico di qualche anno fa,
Applausi a non finire che Vinicio raccoglie con entusiasmo e grande emozione per un concerto unico che si conclude con una versione mozzafiato di “Ovunque Proteggi”. (Voto: 9)
Un Capossela ispirato dall’occasione ha chiuso, con un concerto memorabile, in maniera più che degna un festival che nella sua valenza artistica e di pubblico ha tutte le carte in regola per diventare un’occasione di primissimo piano nel panorama musicale live estivo. Appuntamento tra due anni nel 2020 (bisogna dunque aspettare!!!)
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