MARCUS KING BAND: la giovane espressione di un rock blues contaminato Recensione concerto Milano
MARCUS KING BAND
15 Ottobre 2018
Santeria Social Club
Milano
Voto: 7,5
Di Luca Trambusti
Ad un anno e mezzo di distanza il giovane Marcus King torna in Italia con la sua band e nuovamente regala un avvincente concerto di grande impatto.
Tastiere, fiati (un duo con tromba/trombone e sax/flauto), basso e batteria fanno da contorno alla voce e soprattutto alla chitarra del band leader. L’insieme di questi musicisti produce un suono robusto ed avvolgente un po’ penalizzato da una non perfetta acustica che tende ad impastare il tutto quando i livelli si fanno più alti e complessi.
Marcus King si muove da un blues di confine che essendo tale non fatica ad entrare, portandosi dietro il suo bagaglio, in quelle aree in cui domina il rock (il vicino più prossimo) il jazz ed il funky. D’altronde la stessa struttura della band, con i fiati, lo consente, anzi lo stimola.
A governare il tutto c’è la chitarra elettrica e la voce, sporca, graffiante ma accattivante (qualcuno in serata l’ha definita una versione maschile di Janis Joplin). Il cantato però si fa da parte molto volentieri lasciando ampio spazio a delle lunghe cavalcate sonore che esaltano i “solismi” e i virtuosismi di ogni musicista per poi tornare ciclicamente a chiudersi con un lungo solo di chitarra. Di raccordo a tutto c’è una pulsante base ritmica con un basso martellante ed un’incredibile batteria, potente ma fantasiosa che ricama impossibili passaggi ritmici.
Le canzoni si dilatano nel tempo e nelle strutture, partono da un canovaccio per poi disperdersi nelle fantasie di ognuno in lunghe jam tipiche di un certo rock blues americano. Non c’è praticamente soluzione di continuità tra un brano e l’altro: le “canzoni” o meglio i titoli si perdono innestandosi uno nell’altro divise (e non sempre) solo da un breve intermezzo “rumoristico” della chitarra.
Quello della Marcus King Band è un rock blues appassionate, che rientra nei clichè della tradizione del genere e che apre le sua porte anche ad elementi diversi. Quando l’affaccio è sul jazz, tutto scorre fluido, dinamico, chitarra e fiati dialogano tra loro prendendosi ognuno i suoi spazi in una struttura tipica. Quando l’accento si sposta sul funky ovviamente cresce l’aspetto ritmico. E’ un rock blues appassionante e per appassionati, buongustai di tutta quella scena che parte dal Southern rock, quello dell’Allman Brothers Band per intenderci, per disperdersi in mille rivoli (non a caso il giovane Marc – 22 anni – è originario del South Carolina). Questa è la versione, rispettosa delle radici, ma con un’anima più moderna ed attuale.
In estrema sintesi un concerto essenziale, torrido e avvolgente, destinato agli amanti del rock chitarristico; infatti il pubblico non era proprio giovanissimo, anche se qualche under 40 c’era. Il più giovane era paradossalmente proprio il protagonista della serata.
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