CAT POWER: l’essenziale che regala emozioni ma non sempre. Recensione concerto
CAT POWER
Wanderer Tour
06 Novembre 2018
Alcatraz
Milano
Voto: 6
Di Luca Trambusti
La cantautrice americana torna in Italia con un doppio appuntamento live (Bologna e Milano) per presentare il suo nuovo album “Wanderer“ che arriva dopo sei anni di silenzio discografico, ma non certo live, dove al contrario, l’attività è molto intensa e l’ha già vista parecchie volte approdare nel nostro paese.
Una band al femminile
In questo tour ad accompagnarla sul palco una band minimale (per due terzi femminile) composta da una batterista di origini asiatiche, una chitarrista ed un pluristrumentista (chitarra, basso e tastiere), una formazione essenziale che si riflette anche nella resa sonora ma non certo in quella stilistica.
Problemi tecnici
Salita sul palco (nel club milanese allestito nella sua configurazione “ridotta”) ed iniziate le prime note del concerto si capisce subito che qualcosa non va. Charlyn “Chan” Marshall, in arte Cat Power, davanti ai suoi due microfoni ha dei problemi di audio, di ritorno e di resa sonora. Continua a fare ampi gesti al fonico di palco, invitandolo a migliorare l’ascolto che anche in sala comunque non risulta perfetto.
Tanto nervosa
Quell’atmosfera che richiede un concerto della cantautrice americana è viziata da un suo evidente nervosismo, dal fatto che è concentrata su un aspetto tecnico più che emotivo e ciò che dovrebbe proporre il palco, soprattutto nella sua componente principale, ovvero la voce, è in qualche modo falsato. La band regala il meglio ma la protagonista parla con il fonico, lasciando addirittura la scena per consultarsi con il tecnico (nascosto dalle quinte) cercando di ottenere ciò che desidera.
Con grande mestiere Cat Power porta a casa la serata e per un buon 45 minuti con l’esperienza riesce a supplire a questo suo stato emotivo, che la distrae notevolmente, supportata anche dal pubblico che la applaude e la sostiene e con il quale Cat si scusa.
Spunti interessanti
Seppure segnato da queste ombre il concerto in realtà offre parecchi spunti interessanti. La musica della Marshall è un ricco mix di tanti elementi, uniti dal filo rosso dell’eleganza e dell’intensità emotiva. Le sue composizioni sono dondolanti, dolci suadenti, a tratti ipnotiche, segnate da una grande dinamicità, passando da momenti più intensi, a quelli ritmici senza dimenticare puntate nell’elettronica o addirittura toccare il country. E’ una proposte molto variegata ma non slegata, c’è una grande ricchezza che affascina e colpisce. Su tutto poi la voce di Cat Power, non esplosiva ma intensa, calda ed emotivamente “importante”, che si appoggia su ricami chitarristici ed una base ritmica essenziale ma, dal punto di vista sonoro, fortemente presente. Siamo in un mondo minimale, in cui ogni respiro, ogni intonazione ed ogni singola nota hanno un peso specifico ed un significato evidente e preciso. Un concentrato di tecnica e cuore.
Niente “contorno”
Quello che non colpisce in questo spettacolo sono il “contorno” e la presenza scenica della protagonista. Tutto è appoggiato sulla musica e sul cantato. Poche ed essenziali le luci, impacciata e quasi timida la presenza di Cat Power che non è certo una belva da palcoscenico, una che con una mossa incanta il pubblico o lo graffia. Piuttosto lo accarezza per entrare sommessamente sottopelle, essenziale ma sottotraccia. Poche parole solo di scusa e niente “Ciao Milano” (emmenomale!!!)
Dopo un inizio mid tempo il concerto si ripiega su se stesso, vittima anche dei problemi tecnici vissuti dalla Power evidentemente a disagio, alterata e preoccupata (possiamo immaginare il cazziatone al fonico del post concerto). Passati questi 45 minuti di passione, forse anche superato l’impasse, lo show si riapre e si susseguono brani dal nuovo disco e dal vecchio repertorio, più “aperti” e veloci che regalano un’anima più rilassata e serena allo show.
Il momento topico
Dopo circa un’ora e un quarto Cat ringrazia i musicisti che abbandonano il palco, con lei resta solo il polistrumentista che imbraccia la chitarra ed accompagna con poche note la cantautrice che canta ed incanta sulle note di “The Moon” lasciando il club senza fiato e parole, in un silenzio di tomba, tutti appesi alla voce di Cat Power, all’emozioni di questa versione che in realtà da sola porrebbe il suo sigillo sulla qualità del concerto.
“The Moon” però allo stesso tempo è anche il sigillo finale del concerto, Cat Power e band non torneranno più sul palco, nessun bis, nessuna ulteriore concessione al pubblico sebbene sia richiamata a gran voce da un pubblico che ne vorrebbe ancora. Ma non c’è verso, questa è la scaletta e Cat non si riconcede alla platea e tutti sconsolati lasciano il club.
Luci ed ombre
Luci ed ombre dunque su un concerto a grande vocazione emotiva, segnato dai suddetti problemi tecnici (che ne hanno inficiato la resa globale) e dalla sua essenzialità: in ogni aspetto, dal suono alla durata. Anche l’ambientazione del club per questo genere musicale forse non è il massimo; si adatterebbe meglio un teatro, un’ambiente più raccolto.