ARCHIVE: un coinvolgimento sensoriale ed emotivo. Recensione
ARCHIVE recensione live Milano
25 Tour
04 Dicembre 2019
Alcatraz
Milano
Voto: 9,5
Di Luca Trambusti
A due anni dall’ultima apparizione in Italia gli Archive fanno un minitour nel nostro paese per festeggiare i 25 anni di attività. Bologna, Roma e Milano sono le tre tappe che li hanno visti impegnati in Italia. Ad attenderli a Milano all’Alcatraz un buon pubblico non certo numeroso (purtroppo) ma decisamente attento alla band. Ci sono estimatori che apprezzano i live act di una formazione difficilmente classificabile dal punto di vista stilistico, ma assolutamente vincente nell’aspetto live.
È complicato dare a chi non li conosce una corretta ed univoca indicazione di ciò che sono, suonano e fanno. Le loro peculiarità discografiche si amplificano e si dilatano ancor più durante i concerti. E la dimostrazione migliore di versatilità, di coinvolgimento (sopra e sotto il palco) arriva proprio dalle esibizioni, come visto in occasione del live di Milano dove parevano particolarmente ispirati. La prima caratteristica (che si nota anche su disco) è la varietà, frutto di una miscela stilistica incredibile quanto geniale ed originale. Dentro ci si possono trovare forti pulsioni psichedeliche, eco floydiane, arpeggi di tastiere che rimandano ai Genesis, qualche cosa dei Led Zeppelin ed anche marcati accenni al trip hop. Eppure il loro mondo di riferimento non è quello dei ’70. O meglio lo è come base di partenza perché ciò che sviluppano gli Archive è moderno, attuale ed innovativo, quanto originale.
Il live è un’esperienza unica, è un insieme di lenti. lunghi e costanti crescendo che portano ad uno sviluppo di architetture sonore e strutturali molto particolari, quanto accattivanti e coinvolgenti. Gli Archive passano da un minimalismo sonoro ad una complessità nel corso dello stesso (lungo) brano.
L’elemento essenziale e collante di tutto è il ritmo, sempre marcato, con una batteria centrale potente ma anche elegante. Sulle note delle canzoni tutto l’Alcatraz ballava perché alla fine la loro musica è anche dance. Una dance coinvolgente, “pesante”, a volte tribale, lontana dalla ballabilità di certo pop o della cassa dritta. Il suono cattura e porta in una dimensione mentale affascinante, avvolgente e quasi onirica. La musica rapisce, seguirla apre scenari mentali tipici di un certo mondo psichedelico che la band ha dimostrato di saper frequentare molto bene, coinvolgendo il pubblico.
Ad aggiungere del valore all’aspetto musicale del live act c’è anche la funzione delle luci, elemento importante nella capacità di creare atmosfera e di catturare. Laser e fasci di luce colpiscono il pubblico e si adattano anche alla velocità della musica. Il tutto per rendere totalizzante ed immersiva l’esperienza del concerto. In sostanza è impossibile restare freddi ed immobili ad un’esibizione degli Archive. Il loro mondo musicale è talmente affascinante e coinvolgente che in alcuni momenti topici, quando la musica ha un valore totale, sembra di essere altrove, portati via da un suono e da una condizione mentale stordente. Un impatto forte che però, a differenza di altre occasioni, non colpisce da ko ma ti accompagna al tappeto, quasi ti adagia in un “mondo parallelo”.
Un’elettrizzante e eccitante esperienza totalizzante che viene condivisa dal pubblico. Intorno vedi solo grande attenzione nei momenti più delicati, intensi che si trasforma in danza quando il ritmo cresce, travolge e coinvolge. La stessa forza arriva dal palco, dai musicisti che si fanno anch’essi “prendere” dalla loro performance.
Tre chitarre, tre cantanti solisti, due tastiere, un Moog, basso e batterie sono il corposo armamentario strumentale che la band mette in campo. Su una base ritmica importante si distendono chitarre e tastiere. Le prime con lunghi assoli disegnano il suono con una precisa direzione. A loro volta le tastiere contribuiscono alla costruzione di quel marchio di fabbrica tipico della band. C’è molta tecnica (soprattutto nella ricerca dei suoni) ma questa è al servizio di “un’anima”, di un caldo colore che li accompagna (anche nei disegni luminosi dal palco).
E’ un concerto quasi perfetto quello che la band inglese mette in scena. Forse solo la parte centrale è un po’ lenta. Ma ci sta anche un aspetto di questo genere. Per il resto la tensione che riescono a creare (anche nei momenti di lentezza) è altissima come l’attenzione. Quasi nessuno si distraeva su social o su Internet, i telefonini erano usati per catturare immagini… e già questo è un bel risultato.
Nei 25 anni di esperienza gli Archive hanno saputo conquistare uno spazio personale, non certo pop, più intimo ed esclusivo. Inoltre mettono in scena un concerto che vive di sostanza e di bellezza tra lunghe fughe musicali, ritmo, qualche ruvidezza e tanta passione.
La dimensione live è quella che meglio si addice a questa musica, alle sue dilatazioni ed alla sua capacità di coinvolgimento sensoriale ed emotivo.
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