BANCO DEL MUTUO SOCCORSO: la nostra musica richiede tempo (Intervista)
BANCO DEL MUTUO SOCCORSO
Un concerto è una celebrazione da condividere
Un tour per i 50 anni di attività e un nuovo disco da presentare live
Intervista di Luca Trambusti
I 50 anni di attività per un artista/band sono un traguardo notevole. Attraverso diverse fasi artistiche, di formazione e vicissitudini personali, a volte drammatiche, il Banco Del Mutuo soccorso (o Banco) è riuscito a superare i cinque decenni di musica. Questo anniversario la band romana lo sta onorando con un disco (il concept album “Orlando: le forme dell’amore”, pubblicato lo scorso 23 settembre che rilegge in musica alcuni episodi dell’”Orlando Furioso” scritto da Ludovico Ariosto) ed un tour con cui lo sta presentando al pubblico ma allo stesso tempo ripercorre la lunga carriera della storica formazione di prog rock.
“Orlando: le forme dell’amore” ha un forte legame con il passato della band, nel senso che affonda nelle radici nel progressive che contraddistinguono la band, ma allo stesso tempo è di grande attualità, sia in termini di suono che nelle tematiche. Gli “stralci” selezionati dall’opera rinascimentale sono applicabili ai tempi nostri. Vittorio Nocenzi ha lavorato al concept musicale di “Orlando: le forme dell’amore” per molti anni, insieme al figlio Michelangelo e al romanziere e sceneggiatore Paolo Logli. La loro versione dell’Orlando si concentra su alcuni episodi che ci riportano a questi nostri giorni parlando di guerra, violenza sulle donne, ambiente, migrazioni, clima e risorse della natura.
Con Vittorio Nocenzi fondatore del gruppo abbiamo parlato del loro tour che muove i primi passi e di quello che è il Banco oggi.
Avete due motivi per festeggiare: i 50 anni di attività del BANCO DEL MUTUO SOCCORSOe un nuovo disco. In questo tour cosa prevale?
Nessuno dei due. Sono entrambi importanti. È un concerto di due ore e mezzo con tanti contenuti. Suoniamo tutto il “Salvadanaio” (il loro omonimo disco d’esordio del ’72 così chiamato per la grafica di copertina ndr). Facciamo anche la suite “Il giardino del mago” che non eseguiamo da tempo ed è un piacere suonarla per intero. Poi facciamo un estratto dal nuovo disco, mentre in un terzo momento ripercorriamo la storia del Banco. Ci sono sette musicisti sul palco con il ritorno di una doppia tastiera (in passato suonata da GianniNocenzi, fratello di Vittorio ndr). È la conclusione naturale dell’apporto di mio figlio Michelangelo iniziato con “Transiberiana” e proseguito con l’ultimo disco. (sul palco: Vittorio Nocenzi (pianoforte, tastiere e voce), il secondo pianista-tastierista Michelangelo Nocenzi, Filippo Marcheggiani (chitarra elettrica), Nicola Di Già (chitarra ritmica), Marco Capozi (basso), Tony D’Alessio (lead vocal) ealla batteria Dario Esposito).
Come cambiano gli arrangiamenti dal vivo?
Cerchiamo da sempre un equilibrio. Non vogliamo una copia carbone del disco ma nemmeno esagerare nella rilettura, stravolgendo i brani. In sostanza rispettiamo la composizione originale ma suonandola oggi. È una naturale evoluzione di un materiale che ti sorprende per la sua efficacia nella contemporaneità. Dopo 50 anni mi fa piacere suonare ancora oggi dal vivo con una band calata in questo repertorio senza piaggeria o sperimentalismi.
Tutto questo lo mettiamo al servizio dell’emotività, della visceralità, del momento. In cambio c’è il feedback del pubblico che fa propria la musica la rivisita con le sensibilità e ce la restituisce con le loro reazioni. Un concerto è una cosa diversa da un cd, è una celebrazione da condividere.
Cos’è cambiato dal punto di vista della tecnologia?
Molto. Basta dire solo che oggi con una tastiera 88 tasti pesati ho la possibilità di governare sei strumenti contemporaneamente. Però in questi live torno al mio primo amore, il mio primo strumento: la fisarmonica. La uso in un tango in cui Orlando dichiara il suo amore per Angelica. È proprio quella che usavo quando avevo cinque anni, su cui ho imparato a suonare.
In cinquant’anni hai visto molto pubblico passare ai concerti, ma com’è cambiato?
L’alchimia e il rapporto palco/ascoltatore non è cambiato come processo di comunicazione. Sono cambiati il contesto, l’epoca e il modo di sentire. Ora c’è più impazienza. C’è l’urgenza di arrivare al cuore delle cose, della canzone. In passato c’era più tranquillità, potevi snocciolare la musica gradatamente prima di arrivare al cuore di un brano.
Questo nuovo modo di vedere la musica è influenzato dalle radio con le sue esigenze di programmazione che hanno reso più ansiogeno il trasmettere musica. Noi nei live riportiamo i ritmi giusti, allunghiamo la narrazione e l’attesa prima di arrivare al sodo, alla festa, a quella che è l’essenza di una composizione. Il Banco ama ancora improvvisare, è un vizio per cui noi ci riemozioniamo nell’eseguire in modo diverso la nostra musica. Ciò spiazza l’ascoltatore e gli restituisce una diversità, un’unicità. Il pop è per “tutto e subito”, è la “pappa fatta”. Il progressive invece ha modelli della musica classica, c’è un corteggiamento, il tempo necessario per commuovere.
Per carità, amo le canzoni, mi piacciono, alcune, quelle che mi danno emozione. Non devono però essere costipate dentro strutture ansiogene, perché la poesia non ha bisogno di cronometro, anzi è un nemico
Come sono stati questi 50 anni di attività?
Quelli con il BANCO DEL MUTUO SOCCORSO sono stati anni di lavoro intenso con alti e bassi come tutte le cose di lungo periodo. In sintesi posso sostenere che è facile conquistare il successo, il difficile è mantenerlo. Il successo nel tempo è un esercizio di scelte difficili che poi ti premiano. Nessuno 50 anni fa avrebbe creduto che sarei durato 50 anni.
Quali sono stati i momenti più difficili?
La perdita di Francesco (Di Giacomo) nel 2014 e Rodolfo (Maltese) nel 2015. Momenti tragici, dolorosi. Se non fosse accaduto di scoprire Michelangelo, il mio terzo figlio, come alter ego musicale avrei interrotto la composizione, avrei smesso. La vita è sorpresa e situazioni inattese. Con lui è tornato l’entusiasmo e lo stesso con Paolo Logli coautore di testi, poeta per la mia musica. Mi è sembrato di scrivere da sempre con loro. Il Banco finirà quando non avrò più la passione di incontrare gente e raccontare storie.
In questo tour avete anche dovuto cambiare il batterista
Un’altra tegola. Fabio Moresco è una persona squisita a cui voglio bene oltre che un musicista splendido. Ha abbandonato per gravi motivi di salute: rischia di perdere la vista. È un pericolo serio per cui ha messo la salute avanti a tutto. Al suo posto è arrivato Dario Esposito, un amico del chitarrista Filippo Marcheggiani. Esposito si è inserito con efficacia e grande sicurezza.
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ASCOLTA “IL SALVADANAIO”