DAVID BOWIE: al cinema il concerto di addio di Ziggy Stardust
DAVID BOWIE
Ziggy Stardust & The Spiders From Mars: Il Film
Nelle sale per tre giorni lo storico concerto del 3 luglio 1973
Recensione: Antonella Andreoli
Voto: 8,5
Era il 3 luglio 1973, in oltre 5.000 erano accorsi all’Hammersmith Odeon di Londra, ignari che quella sera si sarebbe compiuto un omicidio, un sacrificio, tra i più significativi della storia del rock. Fu la sera in cui David Bowie “uccise” (idealmente) il suo alter ego Ziggy Stardust.
In quella serata londinese si chiudeva un tour e un ciclo. Il personaggio androgino dai capelli rossi, l’uomo caduto sulla terra da Marte si scollava dal suo ideatore David Bowie che così prendeva il volo da solo, lasciando la mano e gli abiti (anche fisici) di questa figura che lo aveva portato al successo, aiutato a scalare la visibilità e a incrementare il numero di fan.
Con Ziggy morivano anche gli “Spiders From Mars”, la band formata da Mick Woodmansey alla batteria, Trevor Bolder al basso e soprattutto Mick Ronson alla chitarra che aveva tessuto quelle ragnatele musicali che hanno accompagnato Bowie in tutto lo “Ziggy Stardust Tour”.
Il film
Per festeggiare i 50 anni da quell’evento dal 3 al 5 luglio 2023 sarà nelle sale cinematografiche una restaurata versione (in 4 K e audio 5.1) del film che fu girato dal regista D.A. Pennebaker (firmatario di pellicole come “Monterey Pop”, “Bob Dylan Don’t Look Back”, “Depeche Mode 101”). Un fedele documento che testimonia quanto successe sul palco ma anche nei camerini e tra il pubblico, che ignorava (come anche la band) che quella sera fosse il traguardo del percorso di Ziggy.
Il concerto
“David Bowie Ziggy Stardust & The Spiders From Mars: Il Film” è la “cruda” testimonianza di quanto successe quella sera, di cosa fosse capace già allora Bowie, di come il personaggio di Ziggy fosse un veicolo di trasporto per la creatività dell’artista inglese. Un documento che riporta nel mondo del glam rock, nell’universo musicale dei primi anni ’70 dove le chitarre suonavano forti e sui cui suoni in questa occasione si distendevano le composizioni di Mr Jones (e non solo).
Colpiscono gli assoli di Ronson con la band a macinare supporto musicale e con Bowie che lascia loro la scena, dando così ampio risalto e spazio alle parti musicali che si uniscono alle sue interpretazioni, abbigliato in diversi costumi di scena.
Lo spettacolo
Siccome siamo nel 1973 la concezione del film musicale era legata all’epoca ed allora il girato poteva indugiare sui particolari e così si possono vedere le espressioni facciali di Bowie, i suoi primi piani, le sue capacità interpretative che hanno anche un sapore teatrale. Il tutto accompagnato da una produzione scarna, essenziale, semplice, disadorna ma efficacemente concentrata sull’aspetto musicale. Niente grandi schermi, niente effetti speciali, solo qualche stella proiettata durante “Space Oddity”, impianto luci minimale, nessuna trovata scenica ad accompagnare l’esecuzione. Tutto questo arriverà decenni dopo. Certo la qualità “tecnica” delle immagini in qualche modo ne risente, è datata ma il giusto approccio è quello del documento storico, della testimonianza di un concerto, di un evento, di un momento topico nella carriera di Bowie.
Ma tutto si supera per la bellezza della musica, la potenza dell’esecuzione, la forza delle canzoni e alla fine guardare e ascoltare questo film è un viaggio alle radici di David Bowie, ma anche un tuffo nella storia del rock, quando questa parola, questo stile aveva un senso particolare e diverso. Era trasgressivo perché innovativo, nei suoni e nei comportamenti.
Le chitarre
Oltre alla performance di Bowie spiccano gli assoli di chitarra di Mick Ronson (la cui bravura forse non è mai stata del tutto riconosciuta) che in questa occasione più volte “gioca” con Bowie, i due insieme fanno un balletto, si scambiano occhiate d’intesa e Bowie accompagna la chitarra con l’armonica a bocca.
Il finale di questa versione del film (nelle precedenti uscite la parte era stata tagliata per questione di diritti) è arricchito dalla presenza di Jeff Beck che sale sul palco in un duetto al fulmicotone con Ronson in cui Bowie non si tira indietro. I tre si esibiscono nel trittico: “The Jean Genie”, “Love Me Do” (Beatles) e “Around and Around” (Chuck Berry).
Arriva poi sul finale l’annuncio della fine di tutto quanto, con il pubblico che urla “Nooooo!!!”, ma Bowie inflessibile ha già deciso che così sarà… e forse ha avuto ragione lui.
Una pagina importante nella storia del rock, un momento di lancio verso una strepitosa carriera, come sarà quella di Bowie.
Da non perdere.
La scaletta
Hang On to Yourself
Ziggy Stardust
Watch That Man
Wild Eyed Boy From Freecloud
All the Young Dudes
Oh! You Pretty Things
Moonage Daydream
Changes
Space Oddity
My Death (cover di Jacques Brel )
Cracked Actor
Time
The Width of a Circle
Let’s Spend the Night Together (cover dei The Rolling Stones)
Suffragette City
White Light/White Heat (cover dei Velvet Underground)
The Jean Genie (con Jeff Beck)
Love Me Do (cover dei Beatles ) (con Jeff Beck)
Around and Around (cover di Chuck Berry) (con Jeff Beck)
Rock ‘n’ Roll Suicide
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