GREEN DAY: la travolgente energia Recensione live e scaletta concerto Milano.
GREEN DAY
Recensione live e scaletta concerto Milano
I Days Milano
16 giugno 2024
Ippodromo “La Maura”
Milano
Recensione: Luca Trambusti
Voto. 8,0
Incontenibili i GREEN DAY, che nonostante qualche problema di voce, hanno travolto i 78.500 paganti (più inviti) accorsi all’Ippodromo La Maura per il concerto del trio americano, ospiti della rassegna I Days Milano.
GREEN DAY Recensione live e scaletta concerto Milano
L’occasione o, meglio, le occasioni, erano ghiotte. C’era infatti il combinato disposto di tre eventi che si accavallavano, tutti da celebrare: l’uscita del nuovo album “Saviors” (forse tra i tre – guardando la scaletta – il meno significativo), i trenta anni di “Dookie” e i venti di “American Idiot”, due degli album più significativi di una lunga carriera che conta 14 dischi in studio in 34 anni di onorata attività.
E così per celebrare i due album Billie Joe, Mike e Tré, prima sbrigano la prima pratica “Saviors” aprendo il concerto con “The American Dream Is Killing Me” per ricordare il nuovo album (e anche da che parte stanno) per poi si concentrarsi prima su “Dookie” eseguendolo, con tanto di scenografia che richiama la cover del disco, interamente e nello stesso ordine del disco e successivamente su “American Idiot” (anche questo suonato per intero e in ordine) durante la cui esecuzione su fondo palco campeggia la copertina con quel cuore insanguinato a forma di bomba, chiuso nel palmo di una mano. In mezzo a far da cuscino (ma non certo per dormire) qualche brano da “Saviors” e puntate su altri album della band risalendo sino a “Kerplunk”, del 1991, la loro seconda produzione.
I tre, con l’aiuto on stage del tastierista Coley O’Toole e i chitarristi Kevin Preston e Jason White, macinano potenza sonora, canzoni che sono fucilate che arrivano dritte al pubblico. Siamo indietro nel tempo “anagrafico” come scrittura ma non lo siamo musicalmente perché la loro formula, modernizzazione dello scarno punk, è quella di sempre ed è un sempre senza tempo, una formula sospesa sui decenni, valida 20, 30 anni fa come oggi, perché è l’essenza del rock. Una musica che nasce come adolescenziale ma che ti resta cucita addosso come una seconda pelle anche quando gli anni non sono più quelli della turbolenza giovanile.
I tre protagonisti sul palco paiono divertirsi molto, tra schitarrate, un basso pesante e una batteria poco fantasiosa ma rigorosa. E così pare anche il pubblico. Il tutto in pochi secondi si tramuta in festa a partire dal consueto ingresso del coniglietto rosa Drunk Bunny su “Blitzkrieg Bop” dei Ramones che accende il pubblico prima che i tre salgano sul palco. E poi la festa continua.
È una festa rumorosa, chiassosa ma terribilmente divertente, contagiosa. E a divertirsi più di tutti, c’è Marianna che sulle note di “Know Your Enemy” sale sul palco per abbracciare (sembrava non volersi più staccare) Billie Joe e cantare con lui parte della canzone. Sicuramente Marianna ancora adesso sarà sospesa da terra per la gioia di essere stata su quel palco gigantesco in occasione di quello che il tour manager ha definito il più imponente concerto in Europa della band. Vai Marianna goditi ogni secondo di ciò che hai vissuto, tu che a vederti, forse ai tempi di “Dookie” eri in fasce (se c’eri!!)
I Green Day, al netto della voce del cantante – anzi gli va dato atto di aver portato a casa la serata – hanno messo lì uno spettacolo pirotecnico (anche in senso letterale, visto fiamme spari e botti sparsi per tutto lo show), potente, incessante, poche parole e tanta musica, nella massima semplicità in un giusto mix tra immagine e sostanza, produzione e musica, tutto sempre a vantaggio di quest’ultima.
Poi c’è la capacità del frontman di interagire con il pubblico, in uno scambio passionale e che Billie sa rendere ogni come un evento unico, anche se per lui è un consueto appuntamento. I maxi schermi rimandano le facce, i suoi occhi spiritati quando con estrema simpatia incita il pubblico giocando con la platea che lo segue docilmente e risponde a ogni sua richiesta.
Passano gli anni (anche per loro ormai sono più di 50) ma I Gren Day mantengono la loro forza esplosiva, il loro carisma e la capacità di attrarre più generazioni nel segno di una musica che evidentemente ha sempre una sua validità e che chiama freschezza e potenza unite ad una leggerezza d’animo che poi in realtà nasconde (nemmeno tanto) una profondità di analisi sociale e politica non indifferente. E a tal proposito non mancano i richiami all’opporsi alla guerra, alle bombe che cadono nei video e quelle di plastica sganciate dall’aereo (gonfiabile) che passa sulle teste del pubblico del pit (in contemporanea a uno vero, di linea a – relativamente – bassa quota).
I Green Day non deludono, confermano di essere una certezza, capaci di fare sempre ed ovunque spettacolo senza essere mai banali.
Scaletta
(“Minority” e “Bobby Sox” erano segnate ma – per motivi di tempo – non sono state eseguite)
lntro Theme (con “The Beautiful People”, “The Imperial March”, and “We Will Rock You”)
The American Dream Is Killing Me
Album Dookie
Burnout
Having a Blast
Chump
Longview
Welcome to Paradise
Pulling Teeth
Basket Case
She
Sassafras Roots
When I Come Around
Coming Clean
Emenius Sleepus
In the End
F.O.D.
All by Myself
Know Your Enemy
Look Ma, No Brains!
One Eyed Bastard
Hitchin’ a Ride
Dilemma
Brain Stew
Album American Idiot
American Idiot
Jesus of Suburbia
Holiday
Boulevard of Broken Dreams
Are We the Waiting
St. Jimmy
Give Me Novacaine
She’s a Rebel
Extraordinary Girl
Letterbomb
Wake Me Up When September Ends
Homecoming
Whatsername
Good Riddance (Time of Your Life)
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