GIANT SAND: Il caldo torrido ed asciutto del deserto. Recensione
GIANT SAND live a Milano
13 Giugno 2018
Palazzo Litta
Milano
Voto: 8,5
di Luca Trambusti
GIANT SAND live a Milano
Tutto comincia nel 1985 con un album dl titolo “Valley of Rain” nel mezzo c’è molta musica, molta storia, volti e stili diversi. Oggi a distanza di 33 anni quel cerchio si chiude ed i Giant Sand di Howie Gelb (colonna portante del progetto) tornano a riproporre live il disco di esordio riportandolo interamente sul palco con uno stile diverso, attualizzato.
La location
Prima di raccontare il concerto una nota sulla location. La data di Milano si è svolta in uno splendido contesto: uno di quei cortili (in questo caso quello di Palazzo Litta in pieno centro) che costituiscono il patrimonio artistico del capoluogo lombardo. Un posto magico, intimo, raccolto, forse più adatto alla musica acustica, che tuttavia ha contribuito ad innalzare il livello emotivo dello show. Sentire quelle note tra colonnati e architettura barocca seicentesca ha sicuramente un fascino tutto suo così come immaginiamo sia suonare in tale condizioni.
Prima la figlia con la sua band
Ad anticipare il concerto (inserito in una rassegna dedicata al mondo e nella serata ad USA/Messico) la proiezione di un film sul lato oscuro del Messico, comodamente fruibile da delle sdraio sistemate nel cortile (sedute che ovviamente per lo show sono state abbandonate). A precedere il concerto dei Giant Sand una mezz’ora di set dei Patsy’s Rats , progetto musicale della figlia di Gelb (che con il loro post punk troveremo ancora in giro per l’estate in Italia ma senza l’illustre padre) (per l’occasione un po’ penalizzati da un’acustica non perfetta).
Sono le 23,00 quando la band capitanata dall’iconico Howe Gelb inizia il suo concerto di fronte a poche centinaia di fan ma tutti assai appassionati. E’ un inizio secco, così come tutto il concerto. Sul palco oltre al frontman altre due chitarre, basso e batteria (la giovane chitarrista Annie Dolan è la bassista dei precedenti Patsy’s Rats), cifra distintiva del suono della band.
Il “Return To” “Valley Of Rain”
Il “Return To” “Valley Of Rain” in chiave live è ancora più asciutto rispetto alla originaria versione su disco. Via, ad esempio, le chitarre acustiche e le tastiere che (ai tempi suonate da Chris Cacavas) impreziosivano le registrazioni in studio. Qui tutto è all’insegna della/e chitarra/e. Il suono si fa ancora più robusto spaziando dall’acido all’hard rock passando per il blues.
Nel cuore del deserto
Ma tutto è secco, asciutto, essenziale, come nel cuore del deserto. In realtà i bordi, i confini delle aride distese sono lontani: la brutalità della musica, il suo impatto è “cattivo”, pietroso come nei luoghi dove il sole è implacabile e picchia forte.
No melodia
Nell’occasione i Giant Sand, guidati con mano ferma da Gelb propongono una versione della loro musica assai dura, con assoli al fulmicotone, un rock robusto sostanziale, un spettacolo senza fronzoli in cui la musica è assoluta protagonista. Le tracce dell’album scorrono simili ma non uguali ma sopratutto hanno una forza ed un impatto a volte devastante. Nessuna concessione alla melodia o “pause di riflessione”, tutto è diretto, immediato.
Gelb si scioglie
Sino alla fine del concerto anche Gelb resta concentrato, nessuna parola, nessun sorriso, nessuna ricerca di empatia con il pubblico, sembra freddo e distaccato, impegnato in un compito da assolvere. Sulle ultime tracce la mente del gruppo volta pagina ed allora inizia a parlare con il pubblico, ride per alcune imprecisioni su uno stacco di presentazione della band, racconta ed abbozza qualche parola in italiano ed elogia il nostro paese, dimostrandosi anche molto affabile.
Un lungo bis
Mancano pochi minuti a mezzanotte i Giant Sand fanno l’ultimo brano e poi salutano. Sembra finito il limite orario è lì ad incombere, la clessidra sembra aver finito la sua sabbia. Tuttavia, richiamati a gran voce, c’è spazio per un (lungo) bis che porta allo sforamento della mezzanotte. E’ un bis extra disco, un brano dal repertorio più recente della band e sopratutto è un momento corale. Sul palco salgono infatti anche la figlia di Gelb (qualche coro e tante foto) ed alla fine Howe passa la sua chitarra a Christian Blunda, il chitarrista della band della figlia (e dei Mean Jeans), per l’assolo finale mentre lui raggiunge ed abbraccia la figlia.
Un’ora al fulmicotone
Tra gli applausi di un pubblico (giustamente) entusiasta e soddisfatto (tra i presenti un sorridente Vinicio Capossela che con Gelb vanta anche un collaborazione ed un affascinato Luca Gemma) il concerto si chiude con la sensazione di aver vissuto uno di quei momenti in cui la musica ci ha regalato belle emozioni. Un’ora abbondante al fulmicotone in cui bellezza, sostanza ed energia si sono mescolate in un perfetto, bilanciato mix facendosi viaggiare in un affascinante angolo del mondo musicale americano. Una band seminale che ha insegnato a tanti, indicando una delle molteplici via al rock.