PREMIO TENCO 2019: canzone d’autore, polemiche e grande musica. Recensione
PREMIO TENCO2019 Report
RASSEGNA DELLA CANZONE D’AUTORE
17-18-19 Ottobre 2019
Teatro Ariston
Sanremo (Im)
Voto 8,0
Testo e foto Di Giorgio Zito
PREMIO TENCO 2019 Report
L’apertura di Achille Lauro
Non è certo la prima volta che il Club Tenco si trova ad affrontare delle polemiche prima ancora di iniziare la rassegna. Quelle di quest’anno sono state particolarmente velenose, per contenuti e per provenienza. Polemiche che si traducono alla fine in un nome: Achille Lauro, e nell’invito rivoltogli non solo a partecipare, ma soprattutto ad aprire la prima serata con il classico “Lontano Lontano” di Luigi Tenco. Quel brano dà il via alla tre giorni, un onore concesso solo ai grandi cantautori. Invito che per alcuni è sembrato annunciare uno “scivolamento verso il commerciale” del Club Tenco.
Il giovane artista, che già in conferenza stampa aveva rivendicato la sua appartenenza alla famiglia dei cantautori e i punti di contatto con lo stesso Tenco, in particolare il fatto di essere incompresi. Lauro si è difeso tutto sommato abbastanza bene, dimostrando una forte personalità, molto consapevole di ciò che sta facendo, e con un percorso ben chiaro in testa. Supera la prova, aiutato anche da Morgan al piano, con una versione rispettosa dell’originale, senza infamia e senza lode.
Va certamente meglio alle prese con i suoi brani (“Rolls Royce”, “1969”, “C’est la vie”), confermando di essere ciò che ha detto Morgan nel presentarlo: l’anello di congiunzione tra la canzone italiana e la canzone d’ autore, cioè tra “festival” e “rassegna”. Perché l’intento di questa edizione, esemplificato nel titolo “Dove vola colomba bianca”, è ripercorrere la storia della canzone italiana. Lo fa attraverso un mosaico composto da tante tessere, e Lauro è certamente una di queste. Da notare un gesto, forse sfuggito a molti: lasciando il palco, si inchina quasi in ginocchio davanti a Morgan e al presentatore Antonio Silva, atto di umiltà che gli fa onore.
Gli omaggi
Archiviato il “caso Lauro”, la rassegna 2019 è stata probabilmente una delle più riuscite (e meno “commerciali”) degli ultimi anni, sia per la qualità delle esibizioni all’Ariston che per gli eventi collaterali, compresi gli omaggi a grandi e dimenticati cantautori come Ivan Della Mea e Gianni Siviero. Peppe Voltarelli e Alessandro D’Alessandro sono chiamati a fare da collante tra queste tessere del mosaico, eseguendo ogni sera, in apertura, un brano storico. Si va da un’intensa versione di “La Storia” di De Gregori, quasi recitata, a una potentissima “Mario”, bellissimo omaggio a Pino Donaggio e implicitamente anche a Enzo Jannacci, cantata con trasporto da Voltarelli e suonata con maestria da D’Alessandro. Si arriva a “Che faccio” qui di Gianni Siviero. Tre interpretazioni da incorniciare tra i momenti più belli della rassegna.
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La prma serata
La prima serata, dedicata alla consegna delle Targhe Tenco, ha visto tornare sul palco dell’Ariston Enzo Gragnaniello (Targa per il disco in dialetto) che ha riscosso ottimi consensi con uno splendido set e una voce potente, una voce blues e popolare ad un tempo, che, come polemicamente ha sottolineato lui stesso, “risveglia spiriti e non spermi”. Della profondità e intensità di Alessio Lega (Targa per il disco di interprete) al Tenco si è ormai abituati, qui è di casa, e rappresenta la classicità della canzone d’autore più impegnata. Propone tre bellissimi omaggi: a Bulat Okudžava, con ospite il grande violinista Michele Gazich, a Gianni Siviero e a Ivan Della Mea, con quel capolavoro che è “La nave dei folli”. Chiude con uno splendido brano dedicato a Monicelli.
Vinicio Capossela
Vinicio Capossela (Targa per il disco dell’anno) gioca sul velluto, con un set estratto dal suo nuovo spettacolo ormai collaudato e perfetto. Convincente il giovanissimo Fulminacci, che con chitarra e voce dimostra di essersi meritata la targa per l’opera prima. La serata chiude in crescendo con l’ingresso sul palco di Rancore e la sua poetica fiaba “Sangue di drago”, a cui si aggiungono Daniele Silvestri e Manuel Agnelli per eseguire “Argento vivo” (Targa per il miglior brano). Gli ultimi due proseguono da soli presentando due brani intensi. Silvestri con “Le navi” e Agnelli con “Quello che non c’è”. Chiude la serata una geniale e improvvisata versione swing di “Vola Colomba” con cui Morgan, accompagnato da Agnelli, Silvestri e, Cammmariere, riesce a far cantare il compassato pubblico del Tenco.
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La seconda serata
La seconda serata vede arrivare sul palco la voce incontenibile di Petra Magoni (accompagnata al piano da Frida Bollani). Da lei un omaggio a Siviero con una strepitosa versione di “Cane di stoffa”, con i geniali GnuQuartt a fare da backing band. Segue un gustoso tributo a Pino Donaggio (Premio Tenco 2019) offerto da tre voci femminili molto diverse tra loro. Tre voci che rappresentano bene altrettanti mondi diversi della canzone italiana: Levante (“Come sinfonia”), Nina Zilli (“Io che non vivo senza te”) e ancora Petra Magoni (“Giovane giovane”). L’omaggio si chiude con Morgan (“Una casa in cima al mondo) e GnuQuartet in un medley di alcune delle oltre 200 colonne sonore composte da Donaggio.
Chiuso lo spazio dedicato all’omaggio, convincono gli Stadio e Levante, e sorprende la grande voce soul di Nina Zilli. Un emozionato Sergio Cammariere si conferma musicista di livello. Con un set pianoforte e voce in cui trova spazio anche il suo omaggio a Gianni Siviero con “Sconosciuti”. Se Cammariere ha mosso i suoi primi passi al Tenco, dall’altro festival arriva Ron, che in trio presenta quattro capolavori della canzone italiana: Almeno pensami, Futura, Una città per cantare e Adesso vieni qui.
Eric Burdon
Ma il piatto forte della seconda serata, ed anche il più atteso, è Eric Burdon, leader degli Animals e autore di alcuni dei brani più belli della storia del rock. Accompagnato dai bravissimi Custodie Cautelari, l’inglese parte un po’ sottotono con il classico “House of the rising sun”, ma si riprende subito tirando fuori tutta la potenza della sua voce con il classico del repertorio di Nina Simone, “Don’t let me be misunderstood”. Chiude con la splendida “We gotta get out of this place”.
Azzardata la conclusione di serata con una improvvisata “Vedrai Vedrai” dalla coppia Morgan Cammarrere.
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La terza serata
La terza serata è appannaggio quasi esclusivo di vecchi amici del Tenco, a partire da Franco Fabbri (Premio Tenco 2019). Con Alessio Lega e Peppe Voltarelli esegue “Ponte Landolfo” degli Stormy Six. Mimmo Locasciulli rappresenta la canzone d’autore più amata da queste parti. Accompagnato da un quartetto dalle forti influenze jazz, presenta un set tra i più apprezzati della tre giorni sanremese. Altro vecchio amico del Tenco è David Riondino. Lui è riuscito ad omaggiare la canzone d’autore (“La ragazza di Kobane” e “Anita Garibaldi”), così come ironizzarci sopra, con la parodia di De Gregori di “Giuseppina che cammini sul filo”. Ha dato anche ennesima prova delle sue capacità ironiche / poetiche (“Le buche della Raggi”). Il lato ironico della canzone d’autore torna con Roberto Brivio, che, con una verve invidiabile, ha ricordato alcune delle composizioni più celebri de I Gufi.
La vera sorpresa è però un’esordiente assoluta sul palco dell’Ariston, Simona Colonna. Accompagnata solo dal suo violoncello, la cantante e musicista piemontese ha impressionato per capacità vocali, inventiva, espressività e originalità della proposta. Con due brani originali in dialetto e una cover di Siviero, quello di Simona Colonna è stato uno dei momenti più belli dell’intera rassegna.
Arriva Gianna
Rassegna che si chiude col momento più atteso dal pubblico. Arriva Gianna Nannini, altra artista che deve alla lungimiranza del Club Tenco l’inizio della sua carriera e lo ricorda ricevendo il Premio. Presenta un set quasi completamente acustico con molti suoi classici. Tra i brani una versione giustamente rock di “America” e una splendida “Meravigliosa creatura” per piano e voce in chiusura. Gianna Nannini ha portato una ventata di rock all’Ariston, coinvolgendo il pubblico in piedi sotto al palco, come non capita spesso al Tenco, abbattendo le presunte barriere tra generi musicali.