THE ORIGINAL BLUES BROTHERS BAND black music e nostalgia Recensione Trento
THE ORIGINAL BLUES BROTHERS BAND
Recensione concerto
19 febbraio 2025
Auditorium Santa Chiara
Trento
Recensione di Ermes Severgnini
Voto: 8
“THE ORIGINAL BLUES BROTHERS BAND” mette in scena il repertorio che l’ha resa celebre: dai pezzi mitici del cult movie del 1980 ad altri grandi classici del soul, “Soul man” e “Knock on wood” su tutti, passando per un paio di blues tradizionali perché, come dice Fabio Treves, “che ti salva dal magone è il buon vecchio bluesettone” e i musici di lungo corso che compongono la BBBand lo sanno bene.
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Dei due membri originari ancora in pista con la band, a Trento se n’è visto solo uno: il sassofonista “Blue Lou” Marini. Steve “The Colonel” Cropper non c’era; al suo posto lo spagnolo Francisco Simon, un chitarrista di esperienza trentennale in grado di connotare col suo stile personalissimo tanto i classici del soul quanto le sonorità tipiche del blues elettrico.
La famiglia di Lou Marini è originaria di Darzo, un piccolo borgo trentino nella Valle del Chiese da cui proveniva un nutrito gruppo di affezionati che ha vivacizzato la serata con un tifo casalingo bene accolto dal sassofonista prestatosi volentieri a fare gli onori di casa.
Quella di Lou Marini però non è stata l’unica presenza dal film: dopo pochi pezzi è stata introdotta la partecipazione straordinaria di Murphy “Magictones” Dunne, il tastierista che i fratelli Blues recuperano con altri da una triste serata all’Holiday Inn mentre esegue “Quando, quando, quando”, brano inciso da Tony Renis nel 1962.
Nonostante i suoi 82 anni, “Murph” si è seduto alla pianola ed ha accompagnato l’esibizione fino al termine, partendo naturalmente con “Quando, quando, quando”.
Dopo un inizio forse poco in sintonia con il pubblico, i musicisti si scaldano e complice un certo mestiere mettono in scena uno spettacolo coinvolgente, con gli spettatori in piedi a cantare e ballare “Sweet home Chicago” adeguatamente sobillati dai due frontmen, Rob Paparozzi e Tommy McDonnel, preceduta da “Mamma” di Beniamino Gigli cantata a cappella con il pubblico che pare avere molto apprezzato gli sforzi dei cantanti di esprimersi nella nostra lingua.
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Finale in piedi anche per l’immancabile “Everybody needs somebody” che chiude il concerto per lasciare spazio a un improvvisato bis, richiesto a gran voce dal pubblico.
In conclusione, uno show gradevole che lascia gli spettatori col sorriso sulle labbra.
Il voto risente della durata limitata dello spettacolo, un’ora e mezza scarsa incluse pausa e bis, e di una certa nostalgia per la line-up originale che ha segnato un’epoca con la sua colonna sonora ed il suo stile e che ormai si trova nell’archivio dei ricordi.
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