SCOTT BRADLEE’S POST MODERN JUKEBOX: quando la musica nera incontra il pop. Recensione
SCOTT BRADLEE’S POSTMODERN JUKEBOX 2017
5 Aprile 2017
Teatro Della Luna
Assago – Milano
Voto: 9
di Luca Trambusti
A distanza esatta di un anno gli Scott Bradlees’s Post Modern Jukebox (per sintesi PMJ), dopo l’appuntamento romano del giorno precedente, tornano a Milano. Lo scorso 6 Aprile 2016 li avevamo visti all’Alcatraz (in configurazione ridotta) (Leggi qui la recensione del concerto 2016) ora hanno una buona affluenza al Teatro Della Luna di Assago (struttura alle porte di Milano di fianco al Forum).
Da dire subito che in un anno poco è cambiato nello spettacolo: bello allora, bello oggi.
Ciò che colpisce, piace, diverte è la formula che il gruppo ha scelto. Innanzitutto la band è un “collettivo” aperto all’interno del quale, sotto il nome del fondatore e pianista, “ruotano” una serie di musicisti, una vera formazione “rigida” non c’è.
Sul palco ci sono 5 musicisti (piano, contrabbasso, batteria, ed un duo di fiati – tromba/sax/flauto e trombone), mentre alle parti vocali si alternano tre cantantesse ed un cantante. Ad introdurre il tutto un presentatore/intrattenitore che poi si trasforma in un (ulteriore) grandioso cantante. A questi si aggiunge una ballerina di Tip Tap.
Per descrive i talenti degli artisti sul palco è d’obbligo il superlativo. Sia dal punto di vista musicale che vocale siamo a livelli di eccellenza. Ovviamente a strappare i maggiori applausi sono i cantanti che con le loro “mille ottave” di estensione colpiscono il pubblico anche più “distratto” agli aspetti tecnici.
L’altra caratteristica della band è quella di riarrangiare la musica pop di “cassetta” ed il rock (Justin Bieber, Lady Gaga, Notorius B.I.G, Metallica, Killer, White Stripes, Europe e molti altri) facendo diventare “altro” i brani interpretati (e qui sta la forza della cover). La traduzione è da un linguaggio “moderno” a quello della musica nera in tutte le sue sfaccettature: jazz (in primis), Doo Woop, swing, boogie, blues, soul (in misura massiccia) R&B e blues (in quantità modica). Il pop viene dato in pasto ai fasti musicali degli anni dai ’20 ai ’60 del secolo scorso.
Tutto questo però con un taglio moderno, senza nostalgia, anzi con un senso del presente ben marcato. Si aggiunga anche che il progetto è nato e cresciuto in seno alla Rete per poi esplodere sui palchi di tutto il mondo.
Ancora a colpire è la costruzione e la filosofia di “spettacolo” che sta dietro ad un concerto dei PMJ. Tutto è costruito con una concezione di “spettacolo” ma non di “baraccone”. Arrangiamenti e performance sono accompagnate da battute, sketch, costumi e teatralità che fanno da contorno ad una grande sostanza artistico/musicale. La concentrazione, la partecipazione ed il coinvolgimento del pubblico sono massimi e raggiungono l’apoteosi quando (in questa location) l’ambiente teatro viene a cadere e tutto il pubblico è chiamato al gran finale sotto il palco per ballare, battere le mani o semplicemente partecipare.
Infine i PMJ non scivolano (o lo fanno poche volte) sul virtuosismo fine a se stesso, spesso la bravura di un cantante o della ballerina di Tip Tap o del batterista sono mascherati e messi in scena con una propensione teatrale che strappa gli applausi ma non è puro sfoggio “muscolare”. Succede solo in un paio di finali di brano che la voce si mostri esclusivamente nella bellezza della performance e nell’esaltazione del gesto tecnico.
Passione, creatività, divertimento e buon gusto abbinati ad un repertorio particolare e ad una grandissima abilità tecnica rendono il concerto dei PMJ un’esperienza imperdibile.
Quindi un (rinnovato) consiglio: al prossimo passaggio in Italia non perdeteli. ASSOLUTAMENTE